A cura di Nino Jungano
Con l’accelerazione di inizio settimana, un po’ di fiatone comincia a farsi sentire ma teniamo duro per lo sprint finale ed oggi commenteremo le Aspettative numero 9 e 10, in altre parole quello che Banca d’Italia ha individuato come rischio mercato e rischio operativo.
Partiamo subito con la prima delle due e mettiamo il focus sul rischio di mercato declinato dal regolatore in questo modo: “Gli intermediari tengono conto del possibile impatto dei rischi climatici e ambientali sul pricing degli investimenti in strumenti finanziari, propri e gestiti per conto terzi, anche in chiave prospettica, al fine di minimizzare il rischio di perdite.” Come abbiamo già visto in qualche delle uscite precedenti, l’attenzione di Bankit sembra catalizzata maggiormente verso gli intermediari che gestiscono strumenti finanziari quotati ed, in questo senso, ben si interpreta l’aspettativa 9. Più difficile declinare questo rischio per i gestori di fondi di private equity e, ancora più complesso, per chi si occupa di venture. Nel primo caso, infatti, una delle possibili exit (totale o parziale) è pur sempre rappresentata dal listing della società, Un’opzione non certo semplice, ma comunque sempre possibile. In casi come questi le variabili di tipo climatico e ambientale possono incidere, anche significativamente, al momento dell’IPO portando ad una diminuzione di prezzo e, di conseguenza una contrazione del valore della partecipata. Più difficile che l’IPO si verifichi per società che sono agli inizi della loro vita.
Con il rischio operativo, invece, Banca d’Italia, torna a vedere l’intermediario come società vera e propria ed evidenzia come “Gli intermediari tengono conto del possibile impatto dei rischi climatici e ambientali sulla continuità operativa nonché sul livello dei rischi reputazionali e legali.” Si riprende il concetto di rischio fisico: se qualche fenomeno estremo dovesse accadere, la continuità dell’intermediario è assicurata? Questa è la prima domanda alla quale dare risposta. Voi dovreste capire come i possibili danni materiali ad immobili, centri di elaborazione dati, accesso ai file e ai software di cui vi avvalete possano interrompere la vostra attività, per quanto tempo e cosa ciò comporterebbe. Un utile esercizio di valutazione interna che, prescindendo dal rischio in esame, ritengo sia opportuno svolgere per qualsiasi società.
Ma con questa aspettativa, Banca d’Italia va oltre chiamando in ballo anche i rischi reputazionali e legali. L’evoluzione della sensibilità degli investitori sui temi climatici, aumenta il rischio reputazione e legale per gli intermediari che cerchino di utilizzare tali argomenti solo per finalità di marketing. Si parla, in questo caso, del famoso greenwashing. Una pratica da cui, per evitare di danneggiare la propria credibilità attuale e futura, ogni società dovrebbe sempre stare alla larga ed adottare un livello di trasparenza che permetta al cliente/investitore di accedere alle corrette informazioni. La verità paga, sempre.
Con il prossimo articolo chiuderemo questo filone di approfondimento che, speriamo, possa essere stato utile ed apprezzato. Ci teniamo a ricordare che nessuno di questi articoli è stato scritto con il supporto di ChatGPT, è proprio tutta farina del mio sacco, come si diceva un po’ di tempo fa 😉 😉, come sempre non esitate a contattarmi all’indirizzo nino.jungano@baldifinance.it per qualsiasi evenienza!
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